Prassi consolidate, iniziative estemporanee, soluzioni improvvisate minano le fondamenta di una organizzazione e le impediscono di crescere e orientarsi al miglioramento continuo
È capitato a tutti di avere un capo poco ricettivo, che continuava a adottare schemi di lavoro e di relazione stantii, inefficaci e di corto respiro, o di avere un collega pigro che ti diceva «Fai come me, attacca il ciuccio…».
Accade perché la sfida del nuovo, orientarsi al miglioramento continuo, abbandonare un territorio confortevole, una strada già battuta, che magari in passato ha portato qualche risultato positivo significa doversi ripensare, riprogrammare. E questo costa fatica e la necessità di mettersi in discussione.
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Non vale solo per i capi. Vale per tutti, e non solo sui luoghi di lavoro.
Nei sistemi complessi, la tendenza ad “accomodarsi” è un fenomeno che ha cause diverse e interconnesse. Quanto più un sistema è complesso, tanto più si cercano soluzioni che richiedono lo sforzo minore possibile. E tanto più si tende ad adagiarsi su prassi consolidate, anche se non soddisfacenti. Si sommano resistenza al cambiamento, indolenza, fattori psicologici, scelte di comodo.
Di fronte a una procedura nuova, a un approccio diverso, a una istruzione operativa che impone modalità differenti di svolgimento di una mansione abituale, è facile imbattersi in una resistenza a volte passiva: si seguono le indicazioni per un po’ e poi pian piano si trovano motivi, scuse, alibi per appiattirsi sulla prassi precedente. E quando ci si illude che tutto stia girando per il verso giusto ci si accorge, magari durante un audit interno, che il sistema ha smesso di rispondere come era stato progettato che facesse.
Capita nelle strutture sanitarie quando operatori che provengono da altre esperienze tendono a seguire gli schemi di lavoro utilizzati altrove, perché «abbiamo fatto sempre così». O quando si crede che sia «meglio fare come ho sempre fatto», magari nella illusione di accontentare la richiesta di un ospite per mostrare attenzione alla esigenza del singolo. Ma – inevitabilmente – senza considerare le implicazioni che questa gestione improvvisata comporta sulla stabilità del sistema: assecondare la richiesta di chi chiede un trattamento di favore porta la conseguenza che anche altri pretenderanno un analogo favoritismo finché il sistema non sarà più sostenibile.
Chi sta dentro il lavoro quotidiano non ha la visione d’insieme, non ha il quadro delle conseguenze delle proprie iniziative estemporanee e mentre pensa di aver fatto bene ha in effetti terremotato l’intero sistema.
Come se ne esce?
- Creando un ambiente in cui le nuove idee sono incoraggiate, ma nel contempo viene fatta acquisire la consapevolezza che ogni novità deve essere portata sul tavolo di chi può produrre questa innovazione modificando procedure e istruzioni operative dopo averne valutato le implicazioni.
- Investendo nella formazione e nello sviluppo delle competenze: il cambiamento deve considerare la complessità del sistema, le conseguenze, le interazioni tra processi e servizi.
- Creando incentivi, non necessariamente economici, alla adozione di soluzioni innovative, orientate al miglioramento continuo e alla soddisfazione del cliente.
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